12 pezzi in cui troviamo un Liga diverso, a 20 anni esatti dalla pubblicazione del suo primo album, l’11 maggio 1990 “Ligabue” e a 5 anni dall’ultimo “Nome e Cognome”. Luciano parla ancora al suo pubblico nel suo rock romantico e lo fa sbancando tutti i botteghini, tanto che il suo nuovo tour è già in molte città sold out. “Arrivederci Mostro” è un album di maturità, è come se il rocker di Correggio si voglia mostrare fragile, nelle sue paure, ossessioni e condizionamenti, mostrando aspetti inediti della sua anima. La prima traccia “Quando canterai la tua canzone”, è una canzone rock che vuol tirare fuori la carica che si ha dentro per andare avanti e mostrare al mondo come si è: un brano grintoso, una canzone che riflette lo stile di questo artista. La seconda “La linea sottile”, altro testo rock, che fa ragionare sui differenti punti di vista, le due facce di una moneta, che gioca sulla domanda “da che parte vuoi stare?”. “Nel tempo” è un brano caratterizzato da un assolo fantastico. C’è poi la canzone d’amore “Ci sei sempre stata”, davvero toccante con un altro splendido assolo. “La verità è una scelta” è un brano particolare con un sound elettronico tra le chitarre: “la verità è una scelta, la verità è già pronta, di giorno sempre un occhio chiuso, di notte uno aperto”. Poi si arriva alla canzone più cupa del cd, “Caro il mio Francesco”, una poesia, un omaggio a Guccini, fatta di toni di dolore e rabbia, in cui Luciano si sfoga nei confronti dell’ipocrisia di una parte dell’ambiente musicale, un tema che segue la falsariga de “L’avvelenata” dello stesso Guccini. “Atto di fede” è un inno alla vita, a vivere la nostra esistenza perché non si è al mondo per caso. “Un colpo all’anima” è il primo bonus track, molto orecchiabile, già in radio da qualche tempo. “Il peso della valigia” ha parole di ricordi melanconici di tutto quello che ci portiamo dentro, delle esperienze fatte e delle sensazioni vissute. La valigia rappresenta quello che noi siamo è una poesia tratta da “Lettere d’amore nel frigo” la raccolta di Ligabue pubblicata nel 2003. “Taca banda” vede la partecipazione del figlio di Luciano, 11enne alla batteria, in un ritmo molto blues. “Quando mi vieni a prendere” parla di una tragedia avvenuta a Dendermonde il 23/01/09, una città a trenta chilometri da Bruxelles, dove un ragazzo con un coltello ha ucciso in un asilo nido due bambini, la maestra e ferito altri bambini, inconsapevoli spettatori. La canzone è raccontata attraverso gli occhi di un bambino che si reca all’asilo, dove arriva l’uomo nero e i suoi occhi non vedranno più la sua mamma. Un vero e proprio pugno nello stomaco. Una canzone commuovente capace di arrivare dritta al cuore. L’ultima traccia “Il meglio deve ancora venire”, riaccende il rock classico di Liga in cui il meglio arriva quando si trova la persona giusta e non si deve più rimpiangere il passato, perché il domani sarà sempre meglio. La voce roca e graffiante dell’artista porta in luce i suoi sentimenti in un album in cui il cantante mette a nudo la sua anima, provando nuove sonorità. La copertina dell’album è sicuramente particolare. Sopra il pesce, chiuso nelle acque di un bacino c’è uno spicchio della città di Bergamo. Essa nasce dallo spunto di Paolino De Francesco, che ha rimodellato una foto di Giuseppe Cella fatta dal tetto delle Cliniche Gavezzeni che riprendeva il vecchio borgo bergamasco, con lo zampino di Fishy Island del grafico svedese Erik Johansson. La copertina è parlante con qualche altra immagine nascosta: Ligabue affacciato alla finestra, il kitesurfista è il produttore Corrado Rustici, il pescatore è Claudio Maioli, e poi vi è uno striscione “Sei qui per dire che il meglio deve ancora venire” Nel libretto ci sono in realtà immagini di tutta la penisola: uno scorcio dell’Isola d’Elba, della costa ligure, un albero della Sardegna e poi Bergamo con i suoi campanili. Luciano racconta così il perché del titolo: “Ognuno di noi ha i propri mostri, i propri fantasmi. Credo di conoscere abbastanza bene i miei “mostri”, mi fanno compagnia da tanto tempo. Può darsi che sia anche per questa lunga frequentazione che ora, in questa fase della mia vita, mi sembrano meno “potenti” e “ingombranti”. Alcuni di loro li ho affrontati in questo album ma era solamente per fargli sapere che li stavo salutando. Loro come tutti gli altri. So benissimo che sarebbe fin troppo bello che fosse un saluto definitivo. Infatti non mi sono permesso di dire: “Addio, mostro!” ma un più prudente e realistico:”arrivederci, mostro!” Per chi come ha iniziato a suonare la chitarra con i brani del Liga nazionale, rimane sempre affezionata alla sua musica. Un plauso va fatto a Luciano che in questo album mette insieme originalità, emozioni, sentimenti e un pizzico di magia.