La mostra dedicata a Michelangelo Merisi, per celebrare i 400 anni della sua morte, con 24 dipinti alle Scuderie del Quirinale (un numero mai così alto), tra cui ricordiamo “Il riposo durante la fuga in Egitto”, “il Suonatore di Liuto”, “Davide con la testa di Golia”, “La conversione di Saulo”, con i tre Caravaggio Fiorentini “Bacco”, “Il sacrificio di Isacco” e “L’armonio dormiente” e il Caravaggio napoletano con “La flagellazione”. Il “genio lombardo”, nato a Milano, battezzato il 30 settembre 1571 nella Parrocchia di Santo Stefano in Brolo, torna a mostrarsi al pubblico con molte delle sue opere autografe in questa esposizione così bella e suggestiva. Proprio lui, uno degli artisti più studiato e più amato, che negli ultimi 4 secoli è stato al centro della storia dell’arte. Attraverso la passeggiata nelle Scuderie si ammirano dal vivo delle opere stupende, cogliendo l’estro ed il linguaggio del pittore che emoziona i visitatori. Caravaggio è un artista complesso e le sue opere sono poesia per gli occhi ed il suo legame con Roma, che lo ha ospitato allora ventenne nel 1592, è forte, poiché proprio nella capitale egli ha trovato l’ispirazione di molte rappresentazioni. È la Roma della Controriforma, nella lotta protestante contro la Chiesa Cattolica. Egli inizia a lavorare come apprendista in una bottega di Piazza della Torretta, dove comincia a dipingere delle opere decorative, ma già nella sua “Canestra di frutta” si intravede un talento senza confini. Caravaggio è un artista nel senso pieno della parola. Vive una vita sregolata, sfida ogni morale del tempo, arrivando nei posti più oscuri di Roma, che in quel tempo presenta molte zone di degrado e di pericolo, tanto che nel 1606, a seguito di una lite, ucciderà un suo rivale: da qui la sua condanna. Nascono i dipinti bui, con quella luce che li contraddistinguono, tuttavia molto lontani dallo stile del Rinascimento di Raffaello o Michelangelo. Le sue creazioni sono rivoluzionarie ne “La Morte della Vergine”, troviamo la Madonna sofferente, con il ventre gonfio e le vesti che scoprono le gambe, tra la Maddalena e gli apostoli che piangono la sua morte e che sono ricoperti di abiti piuttosto umili. Michelangelo proprio a causa di questo dipinto si allontanerà da Roma, poiché è divenuto un personaggio fastidioso e che rappresenta una realtà scomoda per la mentalità di allora. Così il pittore si rifugia prima a Napoli, poi in Sicilia ed infine a Malta. Morirà nel 1610, tentando di far ritorno a Roma, non si sa se per febbre malarica o di morte violenta. Ciò che più mi piace di Merisi sono i colori che sanno disegnare una tensione emotiva che contraddistingue in modo incontrovertibile ogni sua opera, con una dialettica sbalorditiva che rappresenta una realtà talmente naturale che cattura chiunque veda le sue opere. La mostra ha rappresentato quindi un momento di riflessione, tentando con un’ottica nuova di entrare nel pensiero di questo artista così rivoluzionario, cercando di far capire il suo linguaggio così particolare, che fa intravedere la sua grandezza solitaria, fuori da ogni schema e da ogni scuola.