E’ un film fortemente autobiografico il nuovo lavoro di Michele Placido, che torna a Venezia con Il Grande Sogno: un film per colpire il suo pubblico, e tentare questa volta di far breccia anche al Lido. Il film parla ovviamente di due sogni, ed è un film che, più che parlare di Storia, parla di una storia nella Storia. Il “grande sogno” è quello dei giovani sessantottini, che con la loro rabbia ed energia volevano cambiare il mondo; ma c’è poi il sogno di un ragazzo, in questo caso di Nicola, che aspira ad entrare nell’amato mondo del cinema, che per ora ha potuto solo vedere da semplice spettatore. Il film inizia nel 1967. A Roma gli animi dei giovani iniziano ad essere in fermento, e qualcosa si sta agitando. La rivolta giovanile sta per avere inizio. Nicola infatti è un giovane poliziotto che ama il teatro. Laura è una studentessa universitaria di matrice cattolica pronta a lottare contro l’ingiustizia del mondo. Libero è uno studente che diventa il leader del movimento universitario. Gli anni sono quelli che precedono, attraversano e seguono il 1968. Nicola, infiltrato dai suoi superiori nel movimento, si innamorerà di Laura e cercherà anche di comprendere un mondo che gli è al contempo congeniale e lontano. Le loro storie da qui si intrecceranno. Michele Placido decide di raccontare se stesso e la sua gioventù. Lo fa cercando di descrivere mondi differenti che si incontrano/scontrano in un periodo di fermenti sociali e culturali. Placido qui non sembra essere stato il regista di Romanzo criminale, in cui pure narrava della relativamente recente storia sociale e politica dell’Italia. La tensione che percorreva quel film, qui non si nota. Il grande sogno si ritrova a parlare di temi quali la liberazione sessuale, i movimenti studenteschi che i protagonisti, di estrazione sociale diversa, partecipano e vivono. Nonostante le polemiche che sono nate, Il grande sogno è un discreto lavoro che unisce ricostruzione storica a dramma borghese, in suggestive scene di massa. Placido racconta la sua storia dalla sperduta Lucania degli anni ’50 veniamo improvvisamente catapultati nel 1968 romano, tra occupazioni studentesche, attivismo politico, proteste contro la guerra in Vietnam e scontri di piazza tra studenti e polizia (tra i quali il più celebre, quello di Valle Giulia, da cui Pier Paolo Pasolini prese le distanze con una polemica composizione poetica). Da Bertolucci ad Ang Lee, molti autori hanno sentito e sentono il bisogno di raccontare il punto di svolta del 1968, momento chiave vissuto sulla propria pelle o solo auspicato da lontano. Per Placido l’esigenza è doppiamente più forte visto che il 1968 coincide con l’abbandono di un lavoro sicuro in polizia per tentare la carriera dell’attore: ad incarnare il regista nel film è il corrucciato Riccardo Scamarcio. Nella pellicola vediamo riproporsi gli eventi topici del ’68, dalla morte di Che Guevara alle lotte contadine in Sicilia, fino alla manifestazione contro Nixon del 1969, che fanno da sfondo al triangolo sentimentale dei nostri protagonisti. Laura – sedotta da entrambi – dovrà scegliere chi dei due amare. Anche i fratelli minori di Laura, Giulio e Andrea, sentendosi coinvolti dal clima di contestazione, portano anche loro lo scompiglio in famiglia.

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