Non potevo mancare al film su Lourdes. La mia Lourdes. Da anni partecipo ai pellegrinaggi con l’Unitalsi ed ogni volta è sempre commuovente e toccante tornare alla Grotta di Massabielle. A più di 150 anni di distanza della prima apparizione, milioni di pellegrini invadono il piccolo paese sotto ai Pirenei per andare a pregare la “Bella Signora” – Aquerò -, come la chiamava nella sua semplicità Bernadette. Il film con la regia di Jessica Hausner e interpretato da Gerhard Liebmann, Gilette Barbier e Léa Seydouz e Sylvie Testud, mi ha colpito molto. Uscito proprio l’11 Febbraio, giorno dell’anniversario mariano di Lourdes, è un film da non perdere, vincitore di molteplici premi e sopratutto amato anche dalla critica, sia di credenti che non. Per me è stato un ottimo prodotto a livello cinematografico. Il film parte dalla condizione psico-fisica e sociale di chi si trova in una posizione di invalidità e si interroga sul perché della propria esistenza e sulla fede, per dare un “senso” al vivere terreno. La protagonista Christine vive su una sedie a rotelle. Si reca a Lourdes per uscire dal suo quotidiano isolamento, per stare quindi insieme ad altre persone, parlare con qualcuno. Non sembra avere una profonda fede e viene trasportata in giro per il santuario da una giovanissima accompagnatrice Maria, che le ricorda lei da giovane. Ma Maria preferisce stare con i suoi coetanei e Christine allora si ritrova con la compagna di stanza, la Signora Hartl. Quest’ultima cerca anche lei nel suo pellegrinaggio a Lourdes di alleviare la sua solitudine e non chiede una vera e propria guarigione fisica: così comincia a riversare le sue cure e le sue preghiere su Christine. Dopo il bagno alle piscine, Christine comincia prima a muovere una mano (toccando la parete della grotta) e poi piano, piano ad alzarsi. Viene portata davanti ad una commissione medica che si mostra come al solito scettica sul miracolo, ma comunque meravigliata dei progressi straordinari di miglioramento per una malattia che si incammina verso un lento peggioramento. Tra lo stupore generale dei volontari e l’invidia degli altri malati a cui il miracolo non è avvenuto, la giovane comincia a camminare e addirittura accompagnata di bastone fa una bella gita in montagna. Tra i volontari, un quarantenne membro dell’Ordine di Malta, sembra mostrare un interesse nei suoi confronti e Christine, che inizia a vivere una vita che non aveva prima, cammina, mangia da sola un gelato, senza aver bisogno di essere aiutata. Il finale davvero struggente, ci mostra come la giovane cerchi di aggrapparsi a questa speranza di una nuova esistenza che nemmeno più si aspettava. Il film non si sbilancia, non da una risposta certa sulla fede, ma tocca profondamente il cuore dello spettatore. E’ un’opera certamente caratterizzata da una grande sensibilità e concentra pathos e drammaticità allo stesso tempo, che catturano lo spettatore. Con una narrazione, non comune, una regia essenziale, frasi interrotte, musiche che portano al profondo abisso del sentimento umano fatto di vertigini e risalite fino alla inaspettata sequenza finale. La regista, come ha affermato lei stessa non credente, affronta Lourdes senza gli occhi della fede, in modo piuttosto freddo ed indifferente. La regia, come già detto, è essenziale, stilizzata, incentrata alla riflessione su una condizione di inabilità in cui molte persone si ritrovano. Sicuramente se lo avessi girato io, lo avrei fatto in modo molto diverso. A me Lourdes ha cambiato la vita e il contatto diretto con i malati mi ha fatto conoscere un altro mondo, che la società odierna tende ad allontanare. Per questo sono stata davvero contenta di averlo visto, perché anche per gli scettici e i non credenti il film riversa la sua attenzione sulla emotività umana, sull’interiorità e sulla sofferenza, ma anche sulla speranza che viene spesso sopita nell’animo di ognuno di noi, ma che nel finale diventa assoluta protagonista. Presentato all’ultima edizione della Mostra di Venezia, il film ha avuto il primo premio dalla Giuria SIGNIS.

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