Di una semplicità disarmante, l’ultimo capolavoro di Hayao Miyazaki, è un omaggio a un classico della cultura europea quello della Sirenetta di Andersen, che colpisce al cuore lo spettatore. La storia ci parla di Sosuke, un bimbo di cinque anni, che vive in cima a una scogliera affacciata su Insland Sea. Una mattina trova Ponyo, una pesciolina rossa con la testa incastrata in un barattolo di marmellata. Sosuke la salva e la mette in un secchio di plastica: ha deciso che se ne prenderà cura, vista la simpatia reciproca che subito scatta tra i due. Ma lo stregone Fujimoto, papà di Ponyo, è deciso a far tornare la figlia in mare… Il ragazzino la porta addirittura a scuola con sè e Ponyo è contenta di stare con lui…. Tra due si instaurerà un legame molto forte… Ponyo scopre un mondo che non ha mai conosciuto, anche nelle piccole cose come sedersi ad un tavolo o mangiare con la forchetta. Il film, con la splendida regia di Hayao Miyazaki, in 110 minuti ci regala una storia che non è solo per bambini. Tutti i suoi film di animazione non hanno un pubblico chiaro: sembrerebbe di primo impatto solo un film per bambini, ma con dei contenuti troppo per adulti, per cui è destinato ad un pubblico altamente variegato. Anche Ponyo sulla scogliera è un vero capolavoro, seppure minore, per un regista che è uno dei pochi grandissimi artisti dei nostri anni, sebbene quando è stato presentato in concorso a Venezia, fu snobbato dalla Giuria senza neanche un piccolo premio per il contributo tecnico. Forse la pellicola è stata giudicata un po’ troppo infantile. Il film presenta uno stile molto legato al precedente e ci parla di una storia d’amore di ricerca, in cui lo spettatore viene portato in un mutare di coinvolgimento che non è un percorso lineare ma fatto di salite e discese, a dire il vero inspiegabili, ma legate ai sentimenti: l’unica vero motore del mondo. Qui si parla della pesciolina rossa, Ponyo, che risale le profondità del mare per scoprire il mondo umano. L’amicizia con Sosuke sfiderà le leggi della natura e cambierà per sempre i loro destini. Lontano dal perfezionismo dell’animazione digitale, Ponyo sulla scogliera è un tassello ulteriore dell’essenzialità ricercata – film dopo film – dal maestro giapponese. Matita e fantasia sono gli unici artifici che Miyazaki si concede per dare vita a un mondo capace ancora di avvicinarsi a ciò che non conosce: la terra e il mare. Film molto semplice. Belle le immagini del lavoro della madre con le signore anziane. Il temporale terribile e alla fine l’incontro con madre natura che trasforma finalmente Ponyo in una bambina. Ponyo tornerà ad essere umana e lascerà il suo mondo negli abissi del mare. Simpatica rappresentazione di suo padre stregone, con le sue stranezze. Così come bella è la rappresentazione della madre di Sosuze così svampita ed irresponsabile eppure così dolce. Molto sbadata per prendersi cura del figlio eppure così carina quando lo abbraccia perché il marito è sulla barca in mare e i due si parlano attraverso il codice Morse. Il film si conclude con il bacio tra i due protagonisti e con la promessa di Sozuke di prendersi cura di Ponyo. Mentre In Howl la protagonista a causa della magia diventava vecchia di colpo ma sembra ringiovanire e re-invecchiare di continuo lungo il film (in armonia con il suo amore); in questo film la pesciolina Ponyo diventa prima umana poi ritorna pesce a seconda dell’effetto della sua magia di suo padre stregone. Il rapporto con la natura, il mare animato, il bene e il male che non esistono in sé, ma solo fusi insieme e su tutto: è il tipico stile di Myazaki che rende con il suo modo di fare una nuova sfaccettatura di fare cinema diverso da chiunque altro. Tuttavia pur non trovandoci di fronte al capolavoro de la città incantata con la sua astrazione perfetta e sentimentale, né di fronte a quella più riflessiva di Howl, in Ponyo Sulla Scogliera ci sono alcuni momenti che non possono essere definiti in altro modo se non come “straordinari”! Ci sono cucchiai infilati in bocca che si illuminano di gioia grandi occhi, gesti minuscoli che attirano tutta l’attenzione dello spettatore e una sequenza di litigio e riappacificazione amorosa a distanza attraverso il codice morse, che racconta i sentimenti umani meglio di mille altri film messi insieme. Il regista crea l’animazione rifiutando ogni tipo di modernità, i suoi disegni sono volutamente bozzettistica negli sfondi e nell’animazione “apparentemente” stentata. Ponyo rappresenta l’estremizzazione totale della poesia fanciullesca di Miyazaki, con molti rimandi alla sirenetta di Andersen, riassorbito nel suo personalissimo universo poetico. Restiamo in attesa del prossimo film di animazione, in attesa di vedere finalmente Totoro sul grande schermo europeo.